“One day at a time”

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Oggi un nuovo post in questa che all’inizio voleva essere una qualche recensione su serie Tv che ci piacevano, ma che si è trasformata in una vera e propria rubrica del blog.

Ringraziando Netflix che contribuisce alle notti insonni ripetendomi “ancora una puntata”, oggi parliamo di una serie comica che al momento annovera solo due stagioni sul canale, ma che secondo me vale la pena di vedere.

La serie si chiama “One day at a time”.

E’ un reboot di una seria che andò in onda dal 1975 al 1984, almeno questo è quello che cita wikipedia, ma non avendo mai visto la serie originale, vi parlo di quella di Netflix.

La serie parla di Penelope, ex militare di origini cubane che dopo il divorzio dal marito va a vivere a casa della madre con i suoi due figli Elena ed Alex, adolescenti. Attorno a loro si muovono altri personaggi quale Schneider, amministratore di condominio di nazionalità canadese, vissuto fra agi e ricchezza, ed il dottor Berkowitz, capo di Penelope, la quale dopo aver lasciato l’esercito, lavora come infermiera presso il suo studio.

La serie affronta tematiche importanti e sebbene i toni siano leggeri non sono mai stupidi:

-il disagio psicologico, della terapia e dello stress post traumatico, ad esempio. Penelope lascia il marito perchè lui non riesce ad essere un padre stabile e non accetta di affrontare un percorso di riabilitazione dall’alcolismo causato dallo stress post traumatico lasciatogli dalla sua vita militare. Deve fare i conti con la solitudine, il ritrovarsi a quasi 40 anni a vivere a casa di sua madre, le difficoltà dei figli adolescenti e tutto questo bagaglio la porta a scegliere di andare in terapia e fare uso, su consiglio medico, di “antidepressivi” che l’aiutino a stare meglio (scelgo di mettere questa parola fra virgolette, perchè non sono assolutamente contraria su prescrizione medica all’uso di farmaci e credo che intorno a questo tema ci sia ancora tanto da lavorare in termine di rispetto delle terapie);

-tematica della solitudine, delle origini “cubane” e dell’infrangere le tradizioni. Peneleope è cubana, i cubani non divorziano, come spesso le ripete sua madre, i cubani non vanno in terapia, la terapia è “per i locos”, i cubani non si ammalano, i cubani sono tante cose e Penelope, sebbene ami le sue origini, a volte infrange questi schemi, per il bene suo e della sua famiglia.

E’ bello vedere il confronto fra la “progressista” Penelope e la sua “tradizionalista” mamma.

Lydia- la mamma di Penelope

La serie vale la pena di essere guardata per la presenza dell’attrice Rita Moreno che interpreta la mamma di Penelope, chiamata da tutti “abuelita”.

E’ straordinaria, perfetta, brillante credo che in parte la serie sia tenuta su dalla sua indiscutibile bravura, inoltre curiosando su Wikipedia ho letto quanto di seguito vi riporto: “È una delle dodici persone, ad aver conseguito il titolo EGOT ossia la vittoria di almeno uno di tutti e quattro i premi più prestigiosi dello show-business (l’Emmy per la televisione, il Grammy per la musica, l’Oscar per il cinema e il Tomy per il teatro)”, quindi non una novellina.

E dopo Jane Fonda in Grace and Frankie, basta attrici under 30 con fisici mozzafiato e largo ad attrici non più giovani ma dall’indiscutibile bravura e che sono ancora delle donne bellissime.

Ma oltre questo, il suo personaggio è perfetto, da un lato legato alle tradizioni da “buona cubana che si rispetti”, dall’altra ama gli Stati Uniti che l’hanno accolta quando è fuggita dal regime castrista e la vede come la terra delle possibilità e della libertà. Fa battute brillanti ed è intelligente, vede le cose ma aspetta che siano la figlia e la nipote a dirgliele.

L’accettazione, l’integrazione e l’outing (qualche spoiler)

Elena è gay, il suo outing è molto delicato e viene accolto con amore dalla famiglia, compresa la nonna così tradizionale, mentre proprio il padre la allontana.

I genitori della migliore amica di Elena, vengono rimpatriati in Sud America, adesso io non ho ben capito come funzioni la storia della residenza in America, ma è molto bello il modo in cui la famiglia di Elena si prende cura della ragazza e di come questo diventi il tema della puntata.

Spesso, Alex il fratello di Elena, è vittima di battute sulle sue origini, ciononostante in lui non rinnega il suo lato cubano.

(Fine spoiler)

Il messaggio che si vuole far passare è che la diversità è un arricchimento, e mai come in questo periodo l’importanza di questo messaggio è davvero fondamentale. La diversità di razza, di classe sociale, di religione e di orientamento sessuale non devono essere oggetto di allontanamento, ma di inclusione.

Se qualcuno di voi l’ha già vista lasciate pure i vostri commenti; se vi ho fatto venire voglia di vederla, indubbiamente mi fa piacere, almeno altri fanno notte tarda come me.

Simona

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